L’emergenza Coronavirus ha fatto aumentare significativamente il ricorso allo “smart working”, il cosiddetto lavoro agile. Flessibilità, autonomia, responsabilizzazione, orientamento ai risultati: sono queste le parole chiave alla base del modello di lavoro a distanza che, complice il blocco totale deciso dal Governo per arginare il contagio, sta prendendo rapidamente piede sia nella pubblica amministrazione che nel privato.

Ma cos’è lo smart working? Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali lo definisce “come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.

Il lavoro agile è organizzato in maniera più flessibile: la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno, ma senza stabilire una postazione fissa. Non ci sono vincoli di spazio e tempo, l’unico vincolo sono i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

In base alla legge 81/2017 che lo ha istituito, lo smart working prevede periodi svolti in azienda alternati ad altri all’esterno. Due gli adempimenti da rispettare: una comunicazione obbligatoria (da inviare preventivamente e comunque entro 5 giorni dall’avvio del lavoro agile) da effettuarsi tramite il portale Cliclavoro e l’informativa sulla sicurezza che il datore di lavoro deve inviare al dipendente in modalità telematica (dunque anche via email). Il Dpcm ha eliminato, per la fase di emergenza (fino al 31 luglio), il requisito dell’accordo scritto tra azienda e dipendente.

Una modalità di lavoro da non confondere con il telelavoro, istituito dalla legge n. 191 del 1998 e, reso poi operativo, dal D.P.R. n. 70 del 1999. Il telelavoro viene definito come quella forma di lavoro svolto a distanza, ovvero al di fuori dell’azienda e degli altri luoghi in cui tradizionalmente viene prestata l’attività lavorativa ma, al contempo, funzionalmente e strutturalmente collegato ad essa grazie all’ausilio di strumenti di comunicazione informatici e telematici.

In sintesi, il telelavoro prevede lo spostamento (in tutto o in parte) della sede di lavoro dai locali aziendali ad altra sede (tradizionalmente l’abitazione del lavoratore), ma il dipendente è vincolato, comunque, a lavorare da una postazione fissa e prestabilita, con gli stessi limiti di orario che avrebbe in ufficio.

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